Categoria: Esplorazioni – Spedizioni
Esplorato un profondo pozzo artesiano a Villar San Costanzo (Cuneo)
“Ciao, sono Maurilio, faccio parte dello Speleo Club Saluzzo, abbiamo sempre svolto attività in grotte carsiche, ma sabato scorso ci è capitato di esplorare un pozzo artesiano…”.
“Si, certo – gli rispondo – le cavità artificiali uno non se le cerca, di solito ci inciampiamo nel corso dell’attività e poi capita di rimanerne affascinati”.
Sabato 21 ottobre 2017, a Villar San Costanzo (Cuneo), nel giardino della Locanda “I Gelsi” lo Speleo Club Saluzzo F. Costa CAI Monviso ha intrapreso la sua prima esplorazione in cavità artificiali. I proprietari della locanda discorrevano da tempo con Maurilio Chiri “Nonno Brinu” della possibilità di calarsi per esplorare il pozzo e dopo una prima prospezione dall’esterno, condotta con l’ausilio di una telecamera, due squadre di speleologi si sono alternate nell’esplorazione vera e propria che è stata condotta con il supporto di tecnici specializzati in lavori su corda e ambienti confinati, verificando costantemente la qualità dell’aria durante la discesa.
Si tratta di un pozzo della profondità di 71,5 metri e diametro di 96-112 centimetri, con buona probabilità un pozzo-cisterna funzionale ad attingere e conservare l’acqua potabile o utilizzata per scopi irrigui prima della realizzazione del vicino Canale Comelia, che riceve acque dal torrente Maira e grazie al quale nel XV secolo venivano alimentati anche i mulini.
Dalle verifiche speleologiche eseguite il pozzo presenta nei primi 18 metri dalla vera un rivestimento in pietre e mattoni (non riscontrati segni di alloggiamento travi di sostegno), i successivi 12 metri risultano scavati nel conglomerato sedimentario al quale fa seguito un imponente strato di roccia viva (granito) sulla quale sono ancora ben visibili i segni dello scalpello. Verso il fondo riappare il conglomerato e un rivestimento terminale in muratura sostenuta da supporti in legno ormai degradato.
Oltre alla particolarità del rivestimento, che sarà analizzato nel dettaglio per comprendere l’alternanza di strati permeabili ed impermeabili, va sottolineato che il piano di scorrimento del torrente Maira si troverebbe 30 metri più in alto rispetto al fondo del pozzo. Lo studio proseguirà con l’analisi dei frammenti di malta prelevati dall’interno del pozzo e con studi bibliografici che possano consentire un inquadramento storico della imponente struttura. Ci auguriamo che al termine dello studio i risultati vengano pubblicati su questa rivista perché l’analisi di questa interessante opera idraulica potrebbe consentire comparazioni con strutture similari.
CG Redazione Opera Ipogea
Il rifugio antiaereo di Molassana (Genova)
Nell’ambito delle ricognizioni effettuate all’interno di ipogei inediti, siti nel Comune di Genova, si è provveduto a visitare e rilevare una struttura di protezione antiaerea che si trova nel quartiere genovese di Molassana. La pianta generale del rifugio è a tridente con tre ingressi, dei quali, quello centrale, occluso da materiale franato dalla collinetta soprastante. Gli accessi sono protetti da muri anti soffio dello spessore di circa 1 m.
La galleria dell’interno, dello sviluppo lineare complessivo di circa 70 m, ha una larghezza variabile da 3 a 1,5 m e un’altezza media di 2 m. ed è caratterizzata da bellissime concrezioni calcaree di diverse e complesse fogge e cospicua presenza di fauna ipogea. è stata infatti visivamente rilevata la presenza del pipistrello Rhinolophus ferrumequinum, del geotritone del genere Speleomantes, dell’artropode Scutigera coleoptrata e della caratteristica lumachina blu del genere Oxychilus.
Si segnala inoltre la presenza, nei pressi del ingresso centrale, di una piccola edicola votiva di forma triangolare sotto la quale è ancora parzialmente leggibile un’iscrizione di colore rosso, recante la dicitura “Ora pro nobis”, ed il numero 43, forse l’anno di costruzione della struttura o di dedica dell’effige sacra attualmente scomparsa. Come di consueto, seguiranno indagini archivistico-bibliografiche al fine di approfondire il contesto in cui si colloca la struttura.
Contributo di Henry De Santis con la collaborazione di Alberto Romairone e Andrea Roccatagliata (Speleo Club Gianni Ribaldone Genova).
Intervento speleologico per una voragine a Vibo Valentia
Il 12 febbraio, su richiesta della Protezione Civile regionale, gli speleologi calabresi afferenti alla Commissione Cavità Artificiali della Società Speleologica Italiana sono stati interpellati dal Soccorso Alpino e Speleologico della Calabria per ispezionare dei cunicoli che si diramano sotto il centro abitato di Vibo Valentia. Da diversi anni si registrano nel capoluogo calabrese sprofondamenti e cedimenti del terreno legati alla presenza di manufatti storici nel sottosuolo. A seguito di uno sprofondamento di molti metri cubi di materiale il Comune di Vibo Valentia ha allertato la Protezione Civile Regionale che, come da protocolli, ha prontamente coinvolto nell’operazione il Soccorso Alpino e Speleologico della Calabria. Per naturale competenza è stata richiesta la presenza degli speleologi calabresi della Commissione Cavità Artificiali della SSI sia per la necessaria valutazione preliminare dell’ipogeo, sia per delinearne la geometria. Nei prossimi giorni saranno effettuati rilievo topografico e il monitoraggio della struttura sotterranea.
Pierpaolo Pasqua
Bologna: esplorato un nuovo tratto del cunicolo della Fontana del Nettuno
Dopo un lavoro durato diversi mesi, teso ad ottenere tutte le autorizzazioni e i permessi necessari per accedere al sottosuolo cittadino, sabato 18 luglio è scattata finalmente l’operazione: scoperchiati alcuni tombini identificati come “fognatura” posti lungo l’asse della via D’Azeglio il GSB-USB ha provveduto ad esplorare, rilevare e documentare un ulteriore lungo tratto dell’antico cunicolo della Fontana del Nettuno.
Un breve sunto storico
I tentativi eseguiti nel Medioevo e in età rinascimentale per dotare il centro di Bologna di buona acqua potabile come salubre alternativa al prelievo dai numerosi pozzi disseminati nei caseggiati della città sono stati molteplici.
Risulta dalle cronache che nel 1393 il Comune face aprire l’Acquedotto maestro, ossia l’antico acquedotto romano, che si aggirava sotto i colli arrivando in prossimità della città. L’intenzione era certamente quella di usufruire dell’acqua drenata da questo cunicolo nel suo percorso sotterraneo (un quantitativo in realtà modesto) e di innestarvi quella captata dalla Fonte Remonda, assai più copiosa, scaturente nel colle di San Michele in Bosco, l’antico monastero oggi sede dell’Istituto Ortopedico Rizzoli.
Altri lavori sono documentati nel 1433: il recapito delle acque è una prima fontana collocata nei pressi dell’Ospedale della Morte, corrispondente all’area dell’attuale Museo Civico Archeologico, ossia sul lato orientale di Piazza Maggiore.
Nel 1473 viene costruita un’altra fontana, in sostituzione della precedente, collocata stavolta nei pressi del Palazzo del Podestà, nell’angolo opposto della piazza, all’incirca dove oggi si erge quella del Nettuno. Questa fontana ebbe però vita breve: venne demolita nel 1483 e i marmi di cui era composta furono donati all’erigenda Basilica di S. Petronio.
Nel 1492 Giovanni II Bentivoglio, signore di Bologna, si appropria quindi dell’acqua della Remonda e la fa giungere, attraverso un lungo condotto sotterraneo, fino al suo sontuoso palazzo, in strada San Donato.
Nel 1506 Giulio II conquista Bologna, annettendola allo Stato della Chiesa. L’anno successivo, di fronte ai tentativi bentivoleschi di reimpossessarsi della città, il legato pontificio e le famiglie avversarie dei Bentivoglio manovrarono l’ira popolare indirizzandola alla distruzione e al saccheggio del loro grande palazzo in strada San Donato, fatto che lascia ancora un segno nella toponomastica attuale, nei Giardini del Guasto, l’area su cui sorge il Teatro Comunale. Dopo questo episodio dovranno passare diversi anni perché venga ripristinato il funzionamento idrico verso la città.
Sarà solo nel 1520 che il vicelegato pontificio promuoverà il restauro dei condotti e della Fonte Remonda, realizzando pertanto per la terza volta una fontana nel centro di Bologna.
La sistemazione definitiva dell’intero sistema idraulico si data però al 1563, quando Pio IV affida tale compito all’architetto Tommaso Laureti. Questi procede alla risistemazione della Remonda, apre un ulteriore tratto del cunicolo romano e realizza una nuova grande opera di captazione sotterranea, la Conserva di Valverde (nota popolarmente come Bagni di Mario), situata nel colle immediatamente a ovest di S. Michele in Bosco.
Le acque raccolte da Valverde scendono attraverso un pozzo romano nel sottostante antico acquedotto. Seguono quindi il tracciato del cunicolo romano nel suo dirigersi verso la città, finché nei pressi della Chiesa dell’Annunziata una cisterna (denominata il Vascello comune delle acque) le raccoglie assieme a quelle provenienti dalla Remonda. Da qui sono immesse all’interno di una tubazione (originariamente in orcioli di terracotta) che, alloggiata sopra un muretto, arriva attraverso un cunicolo lungo oltre 1 km sotto la Fontana del Nettuno, realizzata proprio in quegli anni come mostra monumentale, carica di significati fortemente simbolici.
Il viaggio delle acque non finiva però lì: quelle di sopravanzo erano inviate all’interno del Palazzo Comunale, sede del legato pontificio. Sul lato nord del palazzo, affacciato alla via Ugo Bassi, è infatti presente un’altra grande fontana, detta la Fontana Vecchia: da qui gli acquaioli potevano prelevare l’acqua per rivenderla nel resto della città, mentre ciò che avanzava era utilizzato per i giardini interni al Palazzo e per la guarnigione dei cavalleggeri papali.
La struttura acquedottistica così delineata rimarrà sostanzialmente tale per oltre tre secoli, con ovvi interventi manutentivi e migliorativi.
Con la completa riattivazione dell’acquedotto romano, avvenuta nel 1881, le opere idrauliche tardomedievali e rinascimentali verranno escluse dal rinnovato sistema idrico e subiranno un progressivo abbandono.
Le ricerche attuali
È in questo quadro che si attua il nostro tentativo di indagare nuovamente queste opere, al fine di riacquisire una loro compiuta conoscenza e chiarire – per quanto possibile – i punti che rimangono ancora oscuri, particolarmente per ciò che attiene il succedersi delle fasi costruttive che, come si è visto, sono state spesso discontinue nel tempo e non sempre univoche.
Il lavoro svolto fra il 2004 e il 2010 sull’acquedotto romano di Bologna aveva fornito l’occasione di stendere nuovi rilievi della Fonte Remonda e di Valverde (quelli più “recenti” risalivano alla fine del Seicento – inizi del Settecento!). Avevamo inoltre affrontato per la prima volta i cunicoli che afferiscono alla cisterna dell’Annunziata (declassati a sistema fognario), nonché il tratto terminale di quello che giunge sotto al Nettuno.
Entrati dai locali di Sala Borsa, nel Palazzo Comunale, e arrivati alla base della Fontana, si possono percorrere verso monte circa 260 m di cunicolo sotto il tratto pedonale di Via D’Azeglio, fino a superare di poco la Piazza dei Celestini, dove un muro di tamponamento sbarra il cammino: qui si era arrestata la nostra esplorazione di quegli anni.
Il tentativo di procedere dalla cisterna dell’Annunziata verso valle non aveva sortito migliori risultati: il cunicolo che le vecchie mappe indicavano in uscita dall’angolo nord-est è stato infatti murato, con ogni probabilità durante la sistemazione a fognatura.
Restava pertanto insoluto il quesito sull’effettiva persistenza e sulle eventuali condizioni del tratto di cunicolo intermedio fra quei due estremi.
Eccoci pertanto giunti a questo caldo mattino di metà luglio, quando una dozzina di speleologi si è presentata di buon ora in pieno centro città, con in mano tutti i permessi giusti per sollevare i tombini che in precedenza erano stati individuati come potenziali accessi al cunicolo. Dopo alcuni tentativi andati a vuoto (erano effettivamente afferenti alla rete fognaria), finalmente si scoperchia quello giusto (all’incrocio con via Farini) e si può procedere all’agognata esplorazione.
Nonostante le condizioni ambientali non fossero delle migliori, a causa del caldo e dell’umidità elevata, è stato possibile percorrere verso monte altri 400 m, giungendo all’incirca all’altezza di via Solferino.
Qui un ulteriore muro di tamponamento rappresenta per ora il limite su cui ci siamo arrestati, lasciando così incognito un tratto di circa 360 m, che consentirebbe di connettersi con la già citata cisterna dell’Annunziata.
Il collegamento con lo spezzone più a valle del cunicolo (quello terminante sotto la Fontana) è stato invece compiuto percorrendo un breve tratto fognario di quasi 50 m, bypassando in tal modo i tamponamenti che avevano bloccato la precedente esplorazione. In questa sezione, infatti, la rete fognaria, risalente a fine Ottocento, è stata impostata sullo stesso asse del cunicolo cinquecentesco, ma ad una quota inferiore, ed è quindi raggiungibile scendendo alcuni dei pozzi che insistono sullo stesso tracciato.
Inutile dire come tutta l’operazione abbia destato l’interesse dei numerosi passanti e turisti, particolarmente di quelli che – all’improvviso – si sono visti aprire ai piedi del Nettuno un tombino, da cui sono prontamente sbucati fuori alcuni speleologi. È stata ovviamente anche l’occasione per spiegare, ai tanti che si fermavano incuriositi a porre domande, il significato di questa nostra attività, nonché raccontare la storia delle acque cittadine e i suoi variegati percorsi sotterranei.
Il prossimo appuntamento, per continuare le ricerche, è già programmato per il 6 settembre.
Copyright ©Danilo Demaria
Al via il progetto di studio sulle gallerie delle Terme di Porretta
Porretta è una rinomata località termale nell’alto Appennino Bolognese, a una distanza di 60 km dal capoluogo emiliano e a 40 da Pistoia. Collocata sulla sponda sinistra del Reno, a una quota di 350 m slm, è attraversata da un cospicuo corso d’acqua, il Rio Maggiore. La frequentazione delle terme si deve fare risalire almeno all’età romana, stando alle testimonianze archeologiche emerse in vari tempi, la più significativa delle quali è rappresentata dal mascherone in marmo (databile al I sec. d.C.) che ne è diventato il simbolo ufficiale. Non si può peraltro escluderne l’utilizzo nel precedente periodo etrusco, essendo la valle del Reno la principale via di transito fra l’Etruria tirrenica e quella padana.
Le acque termali sgorgano in più punti del territorio e possiedono caratteristiche chimico-fisiche differenti: tale diversità e peculiarità è alla base di quell’ampio spettro di applicazioni in campo medico e curativo che, nel corso dei secoli, ha reso famosa Porretta nel panorama del termalismo italiano.
Si distinguono pertanto due principali zone sorgentizie: le Terme Alte e quelle Basse. Le prime sono situate nel punto più elevato dell’abitato, suddivise nelle fonti del Leone e Bovi in sinistra del Rio Maggiore e in quelle Donzelle, Reale, Marte e Tromba sulla sua destra idrografica. Le Terme Basse sono poste a circa 1 km in linea d’aria verso SE rispetto alle precedenti e sono distinte in Porretta Vecchia, Porretta Nuova e Puzzola.
Fra fine Ottocento e inizi Novecento sono state realizzate due gallerie, di varia lunghezza, che hanno intercettato acque termali: la prima collega Porretta Vecchia e Puzzola e al suo interno sgorga la principale sorgente della Porretta Nuova, la seconda riguarda la fonte delle Donzelle. In questo quadro – e visti gli studi già compiuti dal nostro Gruppo speleologico sulle strutture idrauliche sotterranee bolognesi, come l’Acquedotto Romano e le altre opere di captazione tardo medievali e rinascimentali – si è sviluppata questa nuova collaborazione con la Società di gestione delle Terme di Porretta.
Infatti, tra le altre prescrizioni contenute nella concessione mineraria, viene posta attenzione all’aspetto ambientale, con particolare riferimento alle garanzie del buon uso della risorsa mineraria, delle sorgenti, delle pertinenze minerarie ed al rispetto delle disciplina relativa alla corretta gestione degli emungimenti. Tra le operazioni necessarie a tale corretta utilizzazione rientrano anche gli approfondimenti tesi ad una sempre maggiore conoscenza scientifica del circuito idrotermale.
Pertanto la convenzione fra GSB-USB e Terme di Porretta si pone l’obiettivo di approfondire gli studi esistenti sul termalismo porrettano, con particolare riguardo alle gallerie artificiali della Porretta Vecchia e delle Donzelle, per dare un quadro conoscitivo ancor più preciso dell’andamento dell’intero giacimento; si tratta infatti di una tipologia di cavità di alto interesse scientifico e sicuramente singolare, in quanto nel panorama nazionale non sono attualmente note o descritte situazioni analoghe.
Ciò consentirà di acquisire ed elaborare ulteriori dati, così da meglio definire gli aspetti geologici e mineralogici delle rocce dalle quali scaturiscono le acque salsobromoiodiche e solfuree, coinvolgendo Istituzioni del settore con specifiche esperienze in campo speleologico, geologico, mineralogico e topografico per avere un supporto tecnico-scientifico in materia di studio di cavità ipogee artificiali.
In particolare l’intervento si articolerà nei seguenti punti:
- Indagine dei manufatti tramite un rilievo topografico di dettaglio, teso ad individuarne l’esatto andamento in pianta;
- Georeferenziazione sulla cartografia ufficiale della Regione Emilia Romagna o sulle mappe catastali delle gallerie;
- Rilievo geologico per le porzioni di cunicolo che sono prive di centina e si mostrano in roccia viva;
- Localizzazione dei diversi punti sorgentizi, ciascuno dei quali possiede differenti caratteristiche fisiche ed idrochimiche;
- Studio dei depositi chimici e concrezionari che si rinvengono in più punti delle gallerie con la collaborazione del prof. Paolo Forti, dell’Istituto Italiano di Speleologia dell’Università di Bologna;
- Esecuzione di un’apposita documentazione video e fotografica, da affiancare ad una ricerca storico-archivistica, tesa a recuperare eventuali documenti sulla realizzazione dei manufatti (come vecchie piante, progetti, ecc.).L’intero progetto, che si svolge con la supervisione del direttore minerario delle Terme, dott. Stefano Vannini, vedrà anche momenti di approfondimento e divulgazione delle conoscenze acquisite, tramite futuri incontri tematici.
Danilo Demaria
Cappadocia: nuova missione del Centro Studi Sotterranei e UniTuscia
E’ in corso in Cappadocia la seconda missione del Centro Studi Sotterranei di Genova condotta in collaborazione con l’Università della Tuscia. La spedizione, iniziata l’11 settembre, durerà sino al 30.
Il survey, che comprende anche lo studio delle antiche opere idrauliche, si colloca nell’ambito di un progetto pluriennale per lo studio del contesto urbano ipogeo delle chiese rupestri in corso di restauro.
Il progetto è autorizzato dal Ministero della Cultura Turco.
Il Centro Studi Sotterranei di Genova, grazie agli innumerevoli studi speleo-archeologici condotti in Turchia nel corso degli ultimi venti anni, si conferma come preciso punto di riferimento per chiunque sia interessato alla conoscenza del paesaggio antropico ipogeo dell’area.