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Bologna: esplorato un nuovo tratto del cunicolo della Fontana del Nettuno

Carta del centro di Bologna riportante la rete di cunicoli del sistema acquedottistico antico della città e alcune foto delle principali opere idrauliche.

 

Dopo un lavoro durato diversi mesi, teso ad ottenere tutte le autorizzazioni e i permessi necessari per accedere al sottosuolo cittadino, sabato 18 luglio è scattata finalmente l’operazione: scoperchiati alcuni tombini identificati come “fognatura” posti lungo l’asse della via D’Azeglio il GSB-USB ha provveduto ad esplorare, rilevare e documentare un ulteriore lungo tratto dell’antico cunicolo della Fontana del Nettuno.

Un breve sunto storico

I tentativi eseguiti nel Medioevo e in età rinascimentale per dotare il centro di Bologna di buona acqua potabile come salubre alternativa al prelievo dai numerosi pozzi disseminati nei caseggiati della città sono stati molteplici.

Risulta dalle cronache che nel 1393 il Comune face aprire l’Acquedotto maestro, ossia l’antico acquedotto romano, che si aggirava sotto i colli arrivando in prossimità della città. L’intenzione era certamente quella di usufruire dell’acqua drenata da questo cunicolo nel suo percorso sotterraneo (un quantitativo in realtà modesto) e di innestarvi quella captata dalla Fonte Remonda, assai più copiosa, scaturente nel colle di San Michele in Bosco, l’antico monastero oggi sede dell’Istituto Ortopedico Rizzoli.

Altri lavori sono documentati nel 1433: il recapito delle acque è una prima fontana collocata nei pressi dell’Ospedale della Morte, corrispondente all’area dell’attuale Museo Civico Archeologico, ossia sul lato orientale di Piazza Maggiore.

Nel 1473 viene costruita un’altra fontana, in sostituzione della precedente, collocata stavolta nei pressi del Palazzo del Podestà, nell’angolo opposto della piazza, all’incirca dove oggi si erge quella del Nettuno. Questa fontana ebbe però vita breve: venne demolita nel 1483 e i marmi di cui era composta furono donati all’erigenda Basilica di S. Petronio.

Nel 1492 Giovanni II Bentivoglio, signore di Bologna, si appropria quindi dell’acqua della Remonda e la fa giungere, attraverso un lungo condotto sotterraneo, fino al suo sontuoso palazzo, in strada San Donato.

Un aspetto del cunicolo del Nettuno, con le vecchie lastre di arenaria a chiusura dei punti di accesso, sotto via D’Azeglio.

Nel 1506 Giulio II conquista Bologna, annettendola allo Stato della Chiesa. L’anno successivo, di fronte ai tentativi bentivoleschi di reimpossessarsi della città, il legato pontificio e le famiglie avversarie dei Bentivoglio manovrarono l’ira popolare indirizzandola alla distruzione e al saccheggio del loro grande palazzo in strada San Donato, fatto che lascia ancora un segno nella toponomastica attuale, nei Giardini del Guasto, l’area su cui sorge il Teatro Comunale. Dopo questo episodio dovranno passare diversi anni perché venga ripristinato il funzionamento idrico verso la città.

Sarà solo nel 1520 che il vicelegato pontificio promuoverà il restauro dei condotti e della Fonte Remonda, realizzando pertanto per la terza volta una fontana nel centro di Bologna.

La sistemazione definitiva dell’intero sistema idraulico si data però al 1563, quando Pio IV affida tale compito all’architetto Tommaso Laureti. Questi procede alla risistemazione della Remonda, apre un ulteriore tratto del cunicolo romano e realizza una nuova grande opera di captazione sotterranea, la Conserva di Valverde (nota popolarmente come Bagni di Mario), situata nel colle immediatamente a ovest di S. Michele in Bosco.

Le acque raccolte da Valverde scendono attraverso un pozzo romano nel sottostante antico acquedotto. Seguono quindi il tracciato del cunicolo romano nel suo dirigersi verso la città, finché nei pressi della Chiesa dell’Annunziata una cisterna (denominata il Vascello comune delle acque) le raccoglie assieme a quelle provenienti dalla Remonda. Da qui sono immesse all’interno di una tubazione (originariamente in orcioli di terracotta) che, alloggiata sopra un muretto, arriva attraverso un cunicolo lungo oltre 1 km sotto la Fontana del Nettuno, realizzata proprio in quegli anni come mostra monumentale, carica di significati fortemente simbolici.

Il viaggio delle acque non finiva però lì: quelle di sopravanzo erano inviate all’interno del Palazzo Comunale, sede del legato pontificio. Sul lato nord del palazzo, affacciato alla via Ugo Bassi, è infatti presente un’altra grande fontana, detta la Fontana Vecchia: da qui gli acquaioli potevano prelevare l’acqua per rivenderla nel resto della città, mentre ciò che avanzava era utilizzato per i giardini interni al Palazzo e per la guarnigione dei cavalleggeri papali.

La struttura acquedottistica così delineata rimarrà sostanzialmente tale per oltre tre secoli, con ovvi interventi manutentivi e migliorativi.

Con la completa riattivazione dell’acquedotto romano, avvenuta nel 1881, le opere idrauliche tardomedievali e rinascimentali verranno escluse dal rinnovato sistema idrico e subiranno un progressivo abbandono.

Un’altra inquadratura del cunicolo, visto verso monte. Sulla destra si erge il muretto dove era alloggiato il tubo conducente le acque alla Fontana del Nettuno.

Le ricerche attuali

È in questo quadro che si attua il nostro tentativo di indagare nuovamente queste opere, al fine di riacquisire una loro compiuta conoscenza e chiarire – per quanto possibile – i punti che rimangono ancora oscuri, particolarmente per ciò che attiene il succedersi delle fasi costruttive che, come si è visto, sono state spesso discontinue nel tempo e non sempre univoche.

Il lavoro svolto fra il 2004 e il 2010 sull’acquedotto romano di Bologna aveva fornito l’occasione di stendere nuovi rilievi della Fonte Remonda e di Valverde (quelli più “recenti” risalivano alla fine del Seicento – inizi del Settecento!). Avevamo inoltre affrontato per la prima volta i cunicoli che afferiscono alla cisterna dell’Annunziata (declassati a sistema fognario), nonché il tratto terminale di quello che giunge sotto al Nettuno.

Entrati dai locali di Sala Borsa, nel Palazzo Comunale, e arrivati alla base della Fontana, si possono percorrere verso monte circa 260 m di cunicolo sotto il tratto pedonale di Via D’Azeglio, fino a superare di poco la Piazza dei Celestini, dove un muro di tamponamento sbarra il cammino: qui si era arrestata la nostra esplorazione di quegli anni.

Il tentativo di procedere dalla cisterna dell’Annunziata verso valle non aveva sortito migliori risultati: il cunicolo che le vecchie mappe indicavano in uscita dall’angolo nord-est è stato infatti murato, con ogni probabilità durante la sistemazione a fognatura.

Restava pertanto insoluto il quesito sull’effettiva persistenza e sulle eventuali condizioni del tratto di cunicolo intermedio fra quei due estremi.

Eccoci pertanto giunti a questo caldo mattino di metà luglio, quando una dozzina di speleologi si è presentata di buon ora in pieno centro città, con in mano tutti i permessi giusti per sollevare i tombini che in precedenza erano stati individuati come potenziali accessi al cunicolo. Dopo alcuni tentativi andati a vuoto (erano effettivamente afferenti alla rete fognaria), finalmente si scoperchia quello giusto (all’incrocio con via Farini) e si può procedere all’agognata esplorazione.

Nonostante le condizioni ambientali non fossero delle migliori, a causa del caldo e dell’umidità elevata, è stato possibile percorrere verso monte altri 400 m, giungendo all’incirca all’altezza di via Solferino.

Qui un ulteriore muro di tamponamento rappresenta per ora il limite su cui ci siamo arrestati, lasciando così incognito un tratto di circa 360 m, che consentirebbe di connettersi con la già citata cisterna dell’Annunziata.

Il collegamento con lo spezzone più a valle del cunicolo (quello terminante sotto la Fontana) è stato invece compiuto percorrendo un breve tratto fognario di quasi 50 m, bypassando in tal modo i tamponamenti che avevano bloccato la precedente esplorazione. In questa sezione, infatti, la rete fognaria, risalente a fine Ottocento, è stata impostata sullo stesso asse del cunicolo cinquecentesco, ma ad una quota inferiore, ed è quindi raggiungibile scendendo alcuni dei pozzi che insistono sullo stesso tracciato.

Inutile dire come tutta l’operazione abbia destato l’interesse dei numerosi passanti e turisti, particolarmente di quelli che – all’improvviso – si sono visti aprire ai piedi del Nettuno un tombino, da cui sono prontamente sbucati fuori alcuni speleologi. È stata ovviamente anche l’occasione per spiegare, ai tanti che si fermavano incuriositi a porre domande, il significato di questa nostra attività, nonché raccontare la storia delle acque cittadine e i suoi variegati percorsi sotterranei.

Il prossimo appuntamento, per continuare le ricerche, è già programmato per il 6 settembre.

Copyright ©Danilo Demaria

 

 

 

 

Al via il progetto di studio sulle gallerie delle Terme di Porretta

Porretta è una rinomata località termale nell’alto Appennino Bolognese, a una distanza di 60 km dal capoluogo emiliano e a 40 da Pistoia. Collocata sulla sponda sinistra del Reno, a una quota di 350 m slm, è attraversata da un cospicuo corso d’acqua, il Rio Maggiore. La frequentazione delle terme si deve fare risalire almeno all’età romana, stando alle testimonianze archeologiche emerse in vari tempi, la più significativa delle quali è rappresentata dal mascherone in marmo (databile al I sec. d.C.) che ne è diventato il simbolo ufficiale. Non si può peraltro escluderne l’utilizzo nel precedente periodo etrusco, essendo la valle del Reno la principale via di transito fra l’Etruria tirrenica e quella padana.

La galleria sotterranea che collega gli stabilimenti della Porretta Vecchia e della Puzzola

Le acque termali sgorgano in più punti del territorio e possiedono caratteristiche chimico-fisiche differenti: tale diversità e peculiarità è alla base di quell’ampio spettro di applicazioni in campo medico e curativo che, nel corso dei secoli, ha reso famosa Porretta nel panorama del termalismo italiano.

Si distinguono pertanto due principali zone sorgentizie: le Terme Alte e quelle Basse. Le prime sono situate nel punto più elevato dell’abitato, suddivise nelle fonti del Leone e Bovi in sinistra del Rio Maggiore e in quelle Donzelle, Reale, Marte e Tromba sulla sua destra idrografica. Le Terme Basse sono poste a circa 1 km in linea d’aria verso SE rispetto alle precedenti e sono distinte in Porretta Vecchia, Porretta Nuova e Puzzola.

Fra fine Ottocento e inizi Novecento sono state realizzate due gallerie, di varia lunghezza, che hanno intercettato acque termali: la prima collega Porretta Vecchia e Puzzola e al suo interno sgorga la principale sorgente della Porretta Nuova, la seconda riguarda la fonte delle Donzelle. In questo quadro – e visti gli studi già compiuti dal nostro Gruppo speleologico sulle strutture idrauliche sotterranee bolognesi, come l’Acquedotto Romano e le altre opere di captazione tardo medievali e rinascimentali – si è sviluppata questa nuova collaborazione con la Società di gestione delle Terme di Porretta.

Infatti, tra le altre prescrizioni contenute nella concessione mineraria, viene posta attenzione all’aspetto ambientale, con particolare riferimento alle garanzie del buon uso della risorsa mineraria, delle sorgenti, delle pertinenze minerarie ed al rispetto delle disciplina relativa alla corretta gestione degli emungimenti. Tra le operazioni necessarie a tale corretta utilizzazione rientrano anche gli approfondimenti tesi ad una sempre maggiore conoscenza scientifica del circuito idrotermale.

La sorgente Porretta Nuova, che sgorga all’interno della galleria

Pertanto la convenzione fra GSB-USB e Terme di Porretta si pone l’obiettivo di approfondire gli studi esistenti sul termalismo porrettano, con particolare riguardo alle gallerie artificiali della Porretta Vecchia e delle Donzelle, per dare un quadro conoscitivo ancor più preciso dell’andamento dell’intero giacimento; si tratta infatti di una tipologia di cavità di alto interesse scientifico e sicuramente singolare, in quanto nel panorama nazionale non sono attualmente note o descritte situazioni analoghe.

Ciò consentirà di acquisire ed elaborare ulteriori dati, così da meglio definire gli aspetti geologici e mineralogici delle rocce dalle quali scaturiscono le acque salsobromoiodiche e solfuree, coinvolgendo Istituzioni del settore con specifiche esperienze in campo speleologico, geologico, mineralogico e topografico per avere un supporto tecnico-scientifico in materia di studio di cavità ipogee artificiali.

In particolare l’intervento si articolerà nei seguenti punti:

  • Indagine dei manufatti tramite un rilievo topografico di dettaglio, teso ad individuarne l’esatto andamento in pianta;
  • Georeferenziazione sulla cartografia ufficiale della Regione Emilia Romagna o sulle mappe catastali delle gallerie;
  • Rilievo geologico per le porzioni di cunicolo che sono prive di centina e si mostrano in roccia viva;
  • Localizzazione dei diversi punti sorgentizi, ciascuno dei quali possiede differenti caratteristiche fisiche ed idrochimiche;
  • Studio dei depositi chimici e concrezionari che si rinvengono in più punti delle gallerie con la collaborazione del prof. Paolo Forti, dell’Istituto Italiano di Speleologia dell’Università di Bologna;
  • Esecuzione di un’apposita documentazione video e fotografica, da affiancare ad una ricerca storico-archivistica, tesa a recuperare eventuali documenti sulla realizzazione dei manufatti (come vecchie piante, progetti, ecc.).L’intero progetto, che si svolge con la supervisione del direttore minerario delle Terme, dott. Stefano Vannini, vedrà anche momenti di approfondimento e divulgazione delle conoscenze acquisite, tramite futuri incontri tematici.

Danilo Demaria

Verso Hypogea2017 (Cappadocia, Turchia)

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HYPOGEA2015

Si è svolto a Roma dall’11 al 17 marzo 2015 il Congresso Internazionale di speleologia in cavità artificiali “Hypogea 2015”, organizzato da Hypogea (Federazione dei Gruppi speleologici del Lazio per la ricerca e valorizzazione delle cavità artificiali), sotto l’egida della International Union of Speleology e della Società Speleologica Italiana. Il simposio ha ottenuto il patrocinio del Dipartimento Scienze del Sistema Terra e Tecnologie per l’Ambiente del Consiglio Nazionale delle Ricerche, dell’Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica (IRPI) del Consiglio Nazionale delle Ricerche, della Società Italiana di Geologia Ambientale (SIGEA) e del Parco Regionale dei Castelli Romani.

Hanno preso parte al congresso circa 150 studiosi provenienti da 14 nazioni (Armenia, Austria, Bulgaria, Repubblica Ceca, Croazia, Francia, Georgia, Germania, Inghilterra, Italia, Israele, Russia Svizzera, Stati Uniti e Turchia) che si sono confrontati su tematiche relative allo studio e censimento delle antiche opere idrauliche e di culto, all’utilizzo di nuove tecnologie impiegate nella esplorazione e nel rilievo topografico delle cavità artificiali, all’analisi di particolari speleotemi presenti nelle strutture sotterranee di origine antropica, a ricerche e ri-esplorazioni in opere minerarie (con particolare attenzione al rischio esplorativo), alle esplorazioni speleo-subacquee in cavità artificiali. Il confronto delle tipologie di cavità artificiali presenti nei vari paesi, la loro schedatura e codifica, e la definizione di simboli condivisi a livello internazionale per la rappresentazione degli elementi tipici delle cavità artificiali, sono stati oggetto di specifica analisi nel corso delle giornate congressuali.

La città di Roma ha ospitato per la prima volta un appuntamento speleologico scientifico di tale rilevanza. Le sessioni congressuali si sono svolte presso la sede del Consiglio Nazionale delle Ricerche, nella sala Guglielmo Marconi, sottolineando come la speleologia in cavità artificiali comporti sia preparazione tecnica per affrontare le fasi esplorative sia, soprattutto, precise competenze per lo studio di tali strutture. L’importanza dell’evento è evidenziata anche dalle 550 pagine del volume degli atti (a cura di Mario Parise, Carla Galeazzi, Roberto Bixio e Carlo Germani), dai 37 poster esposti e discussi e dalle 36 relazioni presentate.

FOTO 6_COPERTINA ATTI HYPOGEA 2015

Atti Congresso Hypogea2015. Per informazioni http://hypogea2015.hypogea.it

 

L’intero congresso si è tenuto in lingua inglese, al pari degli atti e delle relazioni poster. Anche le visite guidate sono state accompagnate da guide multingue in italiano, inglese, tedesco e russo.

A chiusura delle tre giornate congressuali, si è poi svolta la tavola rotonda “Mundus subterraneus”, nella sala Pietro da Cortona dei Musei Capitolini, accogliendo numerose personalità che hanno accettato di confrontarsi con gli speleologi sulle tematiche della ricerca, tutela, protezione, rischio, valorizzazione e documentazione delle cavità artificiali. La tavola rotonda, indirizzata al pubblico italiano, si è avvalsa dei principali risultati derivanti dalle presentazioni e discussioni del congresso internazionale.

A corredo delle sessioni di studio si sono svolte visite ad ipogei particolarmente significativi di Roma e tre escursioni post-congressuali che hanno permesso ai partecipanti di “viaggiare” in un arco temporale di 23 secoli (dal VI secolo a.C. al XVII d.C.) ripercorrendo emissari arcaici, mitrei, antichi acquedotti, cave e domus di epoca romana, ninfei e celle dell’Inquisizione.

Il congresso ha segnato un punto decisivo nella condivisione delle esperienze di ricerca e studio in campo internazionale dopo tanti anni di assenza di appuntamenti dedicati specificamente alle cavità artificiali. I prossimi appuntamenti per gli interessati in cavità artificiali, organizzati dalla Commission on Artificial Cavities della International Union of Speleology, si svolgeranno nel 2016 con un meeting della commissione (luogo in via di definizione) e con un congresso internazionale nel 2017 in Turchia.

Carla Galeazzi e Mario Parise

Hypogea2017

Emissario Albano: gli speleo subacquei raccontanto

Conferenza 3 dicembre 2014

Mercoledì 3 dicembre alle ore 20, a Roma presso ACQUAZZURRA, in Via Tuscolana 626, Mario Mazzoli (Direttore Generale ASSO) parlerà dell’esplorazione subacquea dell’antico Emissario sotterraneo e sommerso del Lago di Albano.

L’esplorazione, che rientra nell’ambito del Progetto Albanus, è condotta dai tecnici e ricercatori di HYPOGEA, Federazione dei gruppi speleologici del Lazio per le cavità artificiali, della quale fanno parte i gruppi ASSO, EGERIA CENTRO RICERCHE SOTTERRANEE e ROMA SOTTERRANEA.

 

HYPOGEA2015 INTERNATIONAL CONGRESS

http://hypogea2015.hypogea.itLOGO 1 copia

For the first time Rome (March, 11/17 2015) is playing host to a speleological event of international significance. A city that has the great fortune to possess a huge underground heritage of beauty that must be, in the same way as  its worldwide famous monuments, known, preserved and exploited. The International Congress is organized by Hypogea, Federation of Speleological Groups for the artificial cavities, which includes the following three associations: ASSO, Egeria Underground Research Centre and Roma Sotterranea.

The main object of the Congress is to exchange the experience acquired nationally and internationally in the speleological and speleo-underwater research field in artificial hypogeums (works of anthropogenic origin and of archaeological-historical interest), the promotion of the underground historical and cultural heritage, its safeguard and exploitation.

Before the congress there will be a Round Table between Speleologists and Organisations in charge for the environmental, historic and cultural heritage in Italy to discuss the standards, valorisation and risks in artificial cavities.

Visits to undergrounds of speleological interest in the region of Lazio will be arranged after the Congress (personal equipment required). The proceedings will be published as addendum to Opera Ipogea – Journal of Speleology in Artificial Cavities (Italian Speleological Society, ISSN1970-9692.

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Acquedotto Traiano ed Acquedotto Paolo: scoperti ed esplorati sconosciuti tratti dei due acquedotti

L’acquedotto Traiano venne costruito dall’imperatore Traiano nel 109 d.C. e raccoglieva le acque di diverse sorgenti attorno al lago di Bracciano (lacus Sabatinus), sui monti Sabatini. Lungo complessivamente 57 km, raggiungeva la città con un percorso in gran parte sotterraneo lungo le vie Clodia e Trionfale e poi su arcate lungo la via Aurelia, entrando a Roma sul colle Gianicolo, sulla riva destra del fiume Tevere. Dopo la caduta dell’Impero Romano il condotto fu interrotto e riparato più volte, fino ad essere abbandonato intorno al IX secolo.

Delle molte sorgenti le più lontane da Roma si trovavano lungo il Fosso di Grotte Renara, a est di Manziana. Da qui un ramo di acquedotto scendeva verso SE fino alla sponda del lago e lo aggirava in senso orario, intercettando lungo il percorso le acque provenienti dalle altre sorgenti. Un ulteriore ramo di acquedotto traeva origine a SE di Oriolo Romano da quella ricca area sorgentizia, oggi denominata Santa Fiora, che è nota per l’omonimo ninfeo. Questo secondo ramo scendeva è stato sempre genericamente indicato scendere verso il lago e ricongiungersi con quello proveniente da Grotte Renara, secondo un percorso che fino ad oggi non era mai stato identificato né descritto con esattezza. Anche perché fu tagliato in un’epoca imprecisata tra il VI e il IX secolo e mai più ripristinato, a differenza di altri rami dell’acquedotto che furono ristrutturati più volte, in particolare nel XVII secolo da papa Paolo V, quando l’acquedotto completamente ricostruito prese il nome di Acqua Paola.

Dall’estate del 2013 il Centro Ricerche Sotterranee Egeria e l’associazione Roma Sotterranea (Federazione Hypogea, Commissione Nazionale Cavità Artificiali SSI) stanno svolgendo una accurata indagine sul territorio che ha consentito il ritrovamento e l’esplorazione di questo tratto dimenticato dell’acquedotto Traiano. Alle esplorazioni partecipano numerosi tecnici e ricercatori afferenti ai due gruppi e Luigi Manna del Gruppo Cudinipuli.
Le sorgenti della Fiora, dopo un lungo periodo di abbandono e di probabile utilizzo locale, furono impiegate a partire dal 1698 per alimentare Bracciano, attraverso l’acquedotto Orsini – Odescalchi, che raggiungeva la cittadina con un percorso in parte sotterraneo e in parte su arcate e ancora oggi alimentano l’acquedotto moderno di Bracciano. Se le sorgenti della Fiora erano ben note, del condotto che le raccordava al ramo di Grotte Renara si era persa memoria. Vari autori antichi e moderni ne hanno ipotizzato il tracciato ma sempre, come abbiamo scoperto nel corso delle nostre ricerche, con grossi errori di localizzazione: lo stesso Ashby (The Aquaeducts of Ancient Rome, 1935, p. 301) ipotizza, sbagliando, una ripida discesa nella valle del fosso di Fiora fino a Vigna Grande.

Il condotto scende dalla Fiora accostando inizialmente la sponda orografica sinistra del Fosso di Fiora per poi uscirne dirigendosi verso NE, sempre con lieve pendenza, seguendo all’incirca la curva di livello e quindi mantenendosi ben sopra i 300 m s.l. Dopo alcuni km inizia una discesa sempre più ripida verso Vigna Orsini ove si presume si trovasse il punto di raccordo con il ramo proveniente da Grotte Renara. Il percorso è risultato quasi interamente sotterraneo, realizzato a poca profondità, mediante trincea ricoperta. Un solo tratto è visibile sopra suolo, per il superamento di un piccolo fosso, tutti gli altri piccoli corsi d’acqua vengono sottopassati. La stessa cosa doveva avvenire in un punto non più visibile presso la sorgente, in corrispondenza degli impianti moderni dell’acquedotto di Bracciano.
Gran parte del percorso è stato individuato seguendo i pozzi collassati e i tratti residuali della trincea. Ciò che resta dell’acquedotto appare in tutto il suo fascino di opera idraulica “imperiale”, frutto di una tecnologia matura e realizzato con uno standard costruttivo elevatissimo ed uniforme per decine di chilometri. L’intonaco impermeabile è bianco e in perfetto stato, così come l’opus reticolatum dei rivestimenti: se non fosse stata distrutta la struttura sarebbe probabilmente ancora funzionante!

Le ricognizioni speleologiche hanno permesso di acquisire i rilievi topografici e le immagini delle tante porzioni sin qui rintracciate.

Di Carla Galeazzi e Carlo Germani ©EgeriaCRS, Vittorio Colombo ©Roma Sotterranea

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L’acquedotto Paolo fu costruito ricalcando in parte il tracciato del “Aqua Traiana”, per volere di Papa Paolo V per l’approvvigionamento idrico del Gianicolo e della sottostante area di Trastevere, ma in realtà il pontefice mirava soprattutto a poter disporre di una cospicua riserva d’acqua per i giardini della sua residenza vaticana. La struttura del più antico acquedotto traianeo infatti venne in parte distrutta e ricostruita per dar vita all’Acquedotto Paolo.

Gli speleologi del Gruppo Speleo Archeologico Vespertilio sono riusciti ad accedere in un tratto dell’acquedotto Paolo di cui si era persa ogni traccia attraverso un crollo creatosi sulla volta del cunicolo idraulico. Individuato nei boschi del territorio di Bracciano da Elena Felluca del G.S.A.V. questo tratto dell’acquedotto, che non era mai stato oggetto di alcuna ispezione da parte di altri speleologi e quindi inedito dal punto di vista degli studi, risulta ancora attivo e riceve acqua da diverse sorgenti presenti lungo in suo tracciato. La progressione all’interno risulta particolarmente difficoltosa a causa dell’acqua in alcuni tratti particolarmente alta e per alcuni crolli relativi alla volta del condotto.

Si notano all’interno del cunicolo numerosi interventi di restauro, mentre alcuni tratti dell’acquedotto sembrano senza dubbio di epoca romana a conferma che l’acquedotto Paolo ricalca con ogni probabilità il percorso di una delle tante prese di captazione del più antico Acquedotto di Traiano. Le prime ricerche all’interno dei bottini di captazione e delle sorgenti
dell’Acquedotto Paolo da parte degli speleologi del G.S.A.V. risalgono agli inizi degli anni novanta, dove erano stati già individuati una serie di prese di captazione nonché alcuni ponti-condotti presenti nel territorio di Bracciano con targhe in pietra su cui era scritto “aqva pavla”.


Durante le ultime ricognizioni speleologiche sono stati effettuati i rilievi e le foto del manufatto idraulico. Nei prossimi giorni sono previste nuove esplorazioni speleologiche all’interno dell’acquedotto per completare la documentazione tecnica che sarà oggetto di una pubblicazione da parte del Gruppo Vespertilio. Hanno preso parte alle indagini: Elena Felluca, Cristiano Ranieri, Loredana Fauci, Elena Besana, Fabrizio Marincola, Mario Ranieri e Luigi Felluca.

Di Cristiano Ranieri ©Gruppo Speleo Archeologico Vespertilio.

I risultati di entrambi gli studi speleologici sul Traiano e sul Paolo saranno presentati al Congresso Internazionale di Speleologia in Cavità Artificiali “Hypogea 2015” che si terrà a Roma tra il 12 e il 17 marzo 2015.

HYPOGEA2015

 International Congress of Speleology in Artificial Cavities

HYPOGEA2015

Italy, Rome March 11/17, 2015

 Official website: http://hypogea2015.hypogea.it

 

Acquedotto Claudio. Foto Antonio De Paolis.

Underground World of Archaeological and Anthropological interest

Artificial Cavities/Underground Cities and Cliff-Dwellings/

Archaeological Hypogea/Caves of Anthropic Use

Underground Hydraulic Structures of Ancient World/Research Practices and Documentation

The main object of congress is to exchange the experience acquired at the international and national level in the field of speleological and speleo-underwater research in artificial hypogea (works of anthropogenic origin and of archaeological-historical interest), the promotion of the underground historical and cultural heritage, its safeguard and exploitation.

The INTERNATIONAL THEMATIC SESSIONS, which are the main topic of the congress, will deal with the speleological studies undertaken in the international field during the course of shared archaeological missions (Archaeology), the definition of  international standards thanks to the adoption of cartographic symbols (Cartography), the adoption of a sharable world web site (UIS) connected to the “Register of Artificial Cavities” and the comparison between typologies of artificial cavities which have been extensively studied (Typology). The sessions will also provide the possibility of an initial analysis of the legislation presently active in different countries (Legislation) and of enlarging at an international level important Italian projects on artificial cavities, such as the Map of Ancient Aqueducts (Documentation).

Before the congress, there will be a Round Table between Speleologists, experts and Organisations responsible for the environment, history and cultural heritage in Italy to discuss the standards, valorisation and risks of artificial cavities. For example damage, pollution and the presence of illegal activities; systematic control of the combined historical, cultural and archaeological factors in view of knowledge and protection; underground itineraries for tourists; analysis of the condition of the art treasures through an initial census of the Italian and European underground structures of touristic interest; analysis of the implications on jobs and eventual permissions of exploitation of the artificial cavities, due to their cultural and historical importance.

During the Congress, GUIDED TOURS to hypogea and archaeological sites of special interest in Rome will be organised. EXCURSIONS will be organised after the Congress. Exposition areas will be open in the Congress hall. Information concerning the underground archaeological sites of Rome open to the public will be available at the front-desk. Visits of undergrounds of speleological interest in the region of Latium and Umbria will be arranged after the Congress (personal equipment is required).

 Scientific Committee

Kyung Sik WOO – Republic of Korea (President UIS)

George VENI – USA (Vice President UIS)

Fadi NADER – Lebanon (Secretary General UIS)

Mario PARISE – Italy (President Artificial Cavities Commission UIS)

Mladen GARAŠIČ – Croatia (Working Group UIS: Caver’s Multi-Lingual Dictionary)

Philipp HÄUSELMANN – Switzerland (Working Group UIS: Survey and Mapping)

Boaz ZISSU – Israel (Member of Artificial Cavities Commission UIS)

Michele BETTI – Italy (President Artificial Cavities Commission of the Italian Speleological Society).

Roberto BIXIO – Italy (Artificial Cavities Commission UIS)

Vittoria CALOI – Italy (CNR, Centro Ricerche Sotterranee Egeria)

Sossio DEL PRETE – Italy (Editor of Opera Ipogea – Journal of Speleology in Artificial Cavities)

Andrea DE PASCALE – Italy (Archeologist, Curator Archeological Museum of Finale – Artificial Cavities Commission SSI)

Carla GALEAZZI Italy (Member Artificial Cavities Commission UISCentro Ricerche Sotterranee Egeria)

Mario MAZZOLI – Italy (General Manager A.S.S.O.)

Adriano MORABITO – Italy (President of Roma Sotterranea)

Roberto NINI – Italy (Archeologist, Utec/Subterranea)

Simone SANTUCCI – Italy (Roma Sotterranea)

Stefano SAJ – Italy (Architect, Centro Studi Sotterranei)

Cristiano RANIERI – Italy (Archeologist, Gruppo Speleo Archeologico Vespertilio)

 

Organizing Committee

A.S.S.O – EGERIA CENTRO RICERCHE SOTTERRANEE – ROMA SOTTERRANEA

Carla Galeazzi (Presidente, EGERIA Centro Ricerche Sotterranee)

Vittorio Colombo (Roma Sotterranea)

Massimo D’Alessandro (A.S.S.O.)

Sandro Galeazzi (EGERIA Centro Ricerche Sotterranee)

Carlo Germani (EGERIA Centro Ricerche Sotterranee)

Luigi Manna (Gruppo Speleologico Cudinipuli)

Maria Teresa Pilloni (A.S.S.O.)

Elena Silvestro (Roma Sotterranea)

Marco Vitelli (A.S.S.O.)

Elena Volpini (Roma Sotterranea)

Proceedings

The proceedings will be published as addendum to the journal Opera Ipogea – Journal of Speleology in Artificial Cavities, (Italian Speleological Society, ISSN 1970-9692, http://www.operaipogea.it).

Contacts

To submit contributions:    contributions2015@gmail.com

SPONSOR:  UIS  International Union of Speleology – SSI Società Speleologica Italiana

SPONSOR TECNICI: 

Associazione Culturale Subterranea

Gruppo Speleo Archeologico Vespertilio

Gruppo Storico Romano

MEDIA PARTNERS:

Associazione Scintilena – Notiziario di Speleologia http://www.scintilena.com/

Rome Insider http://www.romeinsider.it/

Registration

The Discounted Fee Due By: September 30th, 2014

Registration Closing Date: March 1st, 2015

 

Acquedotto Augusteo e Crypta Neapolitana: nuove esplorazioni speleologiche

Il 3 Marzo 2014 alle ore 10.30, presso la sala didattica del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, gli speleologi Graziano Ferrari e Raffaella Lamagna presenteranno i risultati ottenuti dall’esplorazione della Crypta Neapolitana.

La cavità in questione trafora la collina di Posillipo per la lunghezza di circa 700 metri collegando Piedigrotta a Fuorigrotta; era il più importante tunnel di collegamento scavato in antichità, probabilmente in epoca romana, situato tra l’antica Neapolis ed il grande centro economico-militare di Puteoli.

La galleria ha mantenuto la sua funzione di collegamento fino all’inizio del XX secolo quando, a causa di ripetuti dissesti, è stata definitivamente chiusa al traffico. Ciò ne ha impedito sia l’impiego infrastrutturale sia la fruizione culturale. Recentemente sono stati definiti progetti di riqualificazione, restauro e valorizzazione della galleria. A causa della sua chiusura e all’utilizzo di ulteriori gallerie stradali e ferroviarie, si è anche persa la conoscenza del tratto dell’Acquedotto Augusteo che correva parallelo alla Crypta. L’Acquedotto Augusteo era il principale sistema idraulico della Campania romana e trasportava l’acqua delle sorgenti di Serino fino alla Piscina Mirabile di Miseno, rifornendo lungo il percorso le città di Pompei, Nola, Acerra, Napoli, ma soprattutto le strutture termali puteolane e baiane, le installazioni militari e le ville dei notabili romani e degli imperatori. Le sorgenti di Serino tuttora forniscono una grande percentuale dell’approvvigionamento idropotabile della città di Napoli.

Grazie alle autorizzazioni della Soprintendenza per i Beni Archeologici di Napoli, della Soprintendenza per i Beni Architettonici per Napoli e Provincia e del Servizio Patrimonio Artistico e Beni Culturali del Comune di Napoli, è stato possibile effettuare uno studio del tratto di Acquedotto Augusteo posto a lato della Crypta, nel quadro di un piano più ampio con l’obiettivo di riaccendere l’attenzione sul tratto flegreo dell’acquedotto antico e di riscoprire cosa di esso sia ancora presente sul territorio. Sono stati effettuati un rilievo completo della Crypta con tecniche speleologiche ed una livellazione per determinare i rapporti spaziali tra la galleria principale e lo speco dell’acquedotto. Sono stati identificati 18 spiragli di accesso all’acquedotto, regolarmente distanziati come prescritto dalla letteratura antica. Sono stati presi in considerazione anche studi di

tipo naturalistico: la cavità è infatti un ambiente a forte ventilazione stagionale con impatto sul chimismo del tufo. Si intende effettuare lo studio delle incrostazioni calcaree lasciate dal passaggio dell’acqua di Serino durante il periodo di funzionamento dell’acquedotto.

Lo studio delle concrezioni permette la datazione del periodo di deposizione. La ricerca è stata possibile grazie alla collaborazione di speleologi che insieme agli autori hanno dedicato il loro tempo libero allo studio ed alla conoscenza di un luogo tanto celebre nell’antichità quanto poco conosciuto attualmente (Berardino Bocchino, Rossana d’Arienzo, Ivana Guidone, Elena Rognoni, Rosario Varriale).

In sintesi, queste ricerche permettono di ottenere informazioni utili per la comprensione del popolamento antico dell’area flegrea e possono contribuire alla valorizzazione di due eccezionali monumenti dell’antichità, che caratterizzano l’area napoletana e flegrea: la Crypta Neapolitana e l’Acquedotto Augusteo di Serino.

Mondo di Pietra: si riapre il “caso” Briaglia. Un progetto multidisciplinare torna ad indagare il sottosuolo cuneese.

Una necropoli di 4000 anni fa scoperta nei pressi di Briaglia” (Secolo XIX); “Riaffiora una necropoli megalitica” (L’Avvenire); “Sensazionale a Briaglia: scoperti i resti di una necropoli ligure di circa quattromila anni fa” (Gazzetta di Mondovì); “Rinvenuti sulle alture del monregalese dolmen, menhir e statue stele” (Gazzetta di Cuneo). Questi i titoli di alcuni giornali dei primi anni del 1970  relativi a presunti ritrovamenti avvenuti nel territorio di un piccolo comune in provincia di Cuneo sulle colline del monregalese: Briaglia.

Da una pubblicazione del 1972: “Dopo tre anni di studi, D’Aquino ed i suoi collaboratori hanno ritrovato i resti di un popolo di cui sino ad ora non si sapeva nulla. Lo studioso ritiene che questi monumenti megalitici siano stati innalzati dalla tribù dei Liguri Bagienni. (omissis) Il dolmen che ho potuto visitare  è formato da un lungo corridoio, su cui si aprono un pozzo ed una nicchia, e dalla camera mortuaria. Il tutto scavato artificialmente in un materiale simile al tufo e dipinto in ocra rossa. Il tempo ha ricoperto le pareti con uno spesso strato di incrostazioni calcaree e solo in alcuni punti è possibile vedere la trasudazione dell’ocra. A sinistra dell’ingresso e, come ho detto all’interno, vi sono due pozzi molto profondi. La loro specifica funzione è ancora un mistero, si pensa che possano mettere in comunicazione con un’altra camera mortuaria ad un piano inferiore”  (R. D’Amico, “Clypeus”, anno IX n.1 aprile 1972, pagg. 20-21).

In Piemonte vi sono alcuni reperti attribuibili alla cultura megalitica, ma un vero insediamento con necropoli e tombe a camere poteva essere veramente un ritrovamento unico. Archeologia o fantastoria? La ricerca dell’epoca nasceva spinta solo dalla passione di un professore casalese, il prof. Ettore Janigro D’Aquino, lontana dal mondo accademico e senza interessi economici, mossa solo dalla passione e dall’intuizione del ricercatore.

Il professor D’Aquino pubblicò numerosi articoli sulle sue scoperte segnalando, oltre al ritrovamento di numerose pietre, anche quello di alcuni ipogei che lui indicava come “dolmen”. In particolare, lungo la strada che da Briaglia scende ai laghetti, se ne troverebbero due. Uno si trova in località Casnea, con ingresso ad architrave a cui segue un corridoio e due camere, quello richiamato nell’articolo riportato. Qui individuava pitture in ocra rossa e gialla, nonché una pietra circolare con incisa un’arma. Nel 1972 un laureando in ingegneria presso il politecnico di Torino scrisse la sua tesi applicando metodi geoelettrici alla ricerca di cavità sotterranee proprio nel territorio di Briaglia: la sua analisi evidenziò altri cunicoli, stanze e pozzi. Questa tesi oggi è stata ritrovata ed è soggetta ad attenta verifica.

E. Janigro D’Aquino si trasferì a Briaglia riuscendo, con il suo entusiasmo, a coinvolgere tutto il paese. Ricerche e lavori di scavo proseguirono fino all’inizio degli anni Ottanta quando il comune, dopo aver raccolto un notevole numero di presunte stele, dee madri, antropomorfi, zoomorfi e menhir, chiese un parere definitivo alla Soprintendenza.

La risposta della Soprintendenza Archeologica per il Piemonte di Torino, del 21 ottobre 1981, fu però una doccia fredda: “Si porta a conoscenza di codesta amministrazione che la scrivente effettuò tempo addietro un sopralluogo, unitamente al Prof. Carducci, nella località in oggetto, al fine di verificare la natura e l’entità del fenomeno segnalato a questo ufficio quale “complessa manifestazione di megalitismo”. Nel corso del sopralluogo si appurò trattarsi di materiali che non rivestono interesse archeologico, il cui aspetto, talvolta vagamente antropomorfo o zoomorfo, è legato a fenomeni di erosione di origine naturale; se ne consigliò pertanto fino da allora un utilizzo che li riportasse ad una dimensione naturalistico-ambientale, per esempio in un parco pubblico, soluzione ritenuta tuttora valida ed opportuna”.

Lo scalpore iniziale andò scemando, l’interesse mediatico si spense, molte pietre andarono perse, gli ipogei dimenticati ed il professore deluso si defilò da Briaglia con il suo sogno che lo accompagnò fino alla morte avvenuta nel 2005. Sono ormai passati quarant’anni dal clamore dei presunti megaliti briagliesi, al momento attuale ancora storicamente poco sostenibili. Quelle antiche pietre, e quei singolari “crotin” (cantine), oltre ad essere caduti nell’oblio, costituiscono anche per i briagliesi, un ricordo oramai lontano, una “vecchia storia” consumata dal tempo e da una non bella diatriba.

In base a questa premessa, e sulla scorta delle passate ricerche, la giunta comunale di Briaglia ha avviato, con una équipe di associazioni di volontariato culturale, un nuova iniziativa dalle caratteristiche storico-turistiche legate ad un vasto progetto di più ampio respiro dal singolare nome “Mondo di Pietra”.

Il comune briagliese, grazie ad un contributo di una fondazione bancaria, in collaborazione con gli speleologi del “Mus Muris” di Torino, l’associazione Nazionale degli Ingegneri Minerari, il Museo Geologico Sperimentale di Giaveno, il Gruppo Culturale “Filosofare” e la supervisione della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Piemonte, ha riaperto ufficialmente il “caso-Briaglia”.

L’equipe, formata da ricercatori di varia formazione facenti riferimento al dott. Fabrizio Milla, attraverso un progetto redatto il 13 dicembre 2011, si è data come obiettivo primario lo studio ed il recupero del crotin della Casnea, la cavità artificiale già censita nel catasto CA nell’ottobre del 2004 con il numero CA7036 Pi/CN, il piccolo ma suggestivo ipogeo a corridoio interamente artificiale con uno sviluppo di 15 metri, con due camere ed un pozzo interno, scavato in arenarie compatte e riccamente concrezionato.

I lavori hanno avuto inizio il 9 giugno del 2012 e dalle ricerche multidisciplinari condotte nel sito della Casnea sono emersi una considerevole mole di dati che sono stati presentati nel mese di maggio 2013 in due conferenze presso i locali della Confraternita di San Giovanni in Briaglia S.Croce, dal titolo: “L’Ipogeo della Casnea” Sulla via del recupero e “Solis Invictvs” Luce e tenebre nell’ipogeo della Casnea.

Prossimamente, al termine dello studio dei ritrovamenti avuti all’interno dell’ipogeo da parte della Soprintendenza, è in programma un terzo incontro dal titolo “L’Ipogeo della Casnea” Un confronto tra Speleologia e Archeologia.

Al momento, oltre all’impegnativo lavoro che ha portato al recupero della grotta, l’aspetto più eclatante deriva da un riscontro archeoastronomico che riguarda un fenomeno luminoso che si verifica al suo interno in concomitanza con il solstizio d’inverno: spettacolare e ancora in fase di studio ma che lascia poco spazio alla casualità del suo verificarsi. Il fenomeno è sovrapponibile a quello ampiamente documentato di Newgrange in Irlanda e di alcuni dolmen in Bretagna, prestandosi a suggestive ipotesi sull’origine e sull’uso dell’ipogeo che attendono di essere avvalorate dall’indagine archeologica e dal completamento del progetto che contempla anche l’individuazione e lo studio di altri ambienti sotterranei.

Di Fabrizio Milla (Associazione Mus Muris Torino)

Invito alla presentazione del volume “Gli Acquedotti di Praeneste”

Invito presentazione Acquedotti Praeneste

Per dettagli sulla pubblicazione, supplemento ad Opera Ipogea 1/2013, vedi http://www.operaipogea.it/?cat=61