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Mondo di Pietra: si riapre il “caso” Briaglia. Un progetto multidisciplinare torna ad indagare il sottosuolo cuneese.
“Una necropoli di 4000 anni fa scoperta nei pressi di Briaglia” (Secolo XIX); “Riaffiora una necropoli megalitica” (L’Avvenire); “Sensazionale a Briaglia: scoperti i resti di una necropoli ligure di circa quattromila anni fa” (Gazzetta di Mondovì); “Rinvenuti sulle alture del monregalese dolmen, menhir e statue stele” (Gazzetta di Cuneo). Questi i titoli di alcuni giornali dei primi anni del 1970 relativi a presunti ritrovamenti avvenuti nel territorio di un piccolo comune in provincia di Cuneo sulle colline del monregalese: Briaglia.
Da una pubblicazione del 1972: “Dopo tre anni di studi, D’Aquino ed i suoi collaboratori hanno ritrovato i resti di un popolo di cui sino ad ora non si sapeva nulla. Lo studioso ritiene che questi monumenti megalitici siano stati innalzati dalla tribù dei Liguri Bagienni. (omissis) Il dolmen che ho potuto visitare è formato da un lungo corridoio, su cui si aprono un pozzo ed una nicchia, e dalla camera mortuaria. Il tutto scavato artificialmente in un materiale simile al tufo e dipinto in ocra rossa. Il tempo ha ricoperto le pareti con uno spesso strato di incrostazioni calcaree e solo in alcuni punti è possibile vedere la trasudazione dell’ocra. A sinistra dell’ingresso e, come ho detto all’interno, vi sono due pozzi molto profondi. La loro specifica funzione è ancora un mistero, si pensa che possano mettere in comunicazione con un’altra camera mortuaria ad un piano inferiore” (R. D’Amico, “Clypeus”, anno IX n.1 aprile 1972, pagg. 20-21).
In Piemonte vi sono alcuni reperti attribuibili alla cultura megalitica, ma un vero insediamento con necropoli e tombe a camere poteva essere veramente un ritrovamento unico. Archeologia o fantastoria? La ricerca dell’epoca nasceva spinta solo dalla passione di un professore casalese, il prof. Ettore Janigro D’Aquino, lontana dal mondo accademico e senza interessi economici, mossa solo dalla passione e dall’intuizione del ricercatore.
Il professor D’Aquino pubblicò numerosi articoli sulle sue scoperte segnalando, oltre al ritrovamento di numerose pietre, anche quello di alcuni ipogei che lui indicava come “dolmen”. In particolare, lungo la strada che da Briaglia scende ai laghetti, se ne troverebbero due. Uno si trova in località Casnea, con ingresso ad architrave a cui segue un corridoio e due camere, quello richiamato nell’articolo riportato. Qui individuava pitture in ocra rossa e gialla, nonché una pietra circolare con incisa un’arma. Nel 1972 un laureando in ingegneria presso il politecnico di Torino scrisse la sua tesi applicando metodi geoelettrici alla ricerca di cavità sotterranee proprio nel territorio di Briaglia: la sua analisi evidenziò altri cunicoli, stanze e pozzi. Questa tesi oggi è stata ritrovata ed è soggetta ad attenta verifica.
E. Janigro D’Aquino si trasferì a Briaglia riuscendo, con il suo entusiasmo, a coinvolgere tutto il paese. Ricerche e lavori di scavo proseguirono fino all’inizio degli anni Ottanta quando il comune, dopo aver raccolto un notevole numero di presunte stele, dee madri, antropomorfi, zoomorfi e menhir, chiese un parere definitivo alla Soprintendenza.
La risposta della Soprintendenza Archeologica per il Piemonte di Torino, del 21 ottobre 1981, fu però una doccia fredda: “Si porta a conoscenza di codesta amministrazione che la scrivente effettuò tempo addietro un sopralluogo, unitamente al Prof. Carducci, nella località in oggetto, al fine di verificare la natura e l’entità del fenomeno segnalato a questo ufficio quale “complessa manifestazione di megalitismo”. Nel corso del sopralluogo si appurò trattarsi di materiali che non rivestono interesse archeologico, il cui aspetto, talvolta vagamente antropomorfo o zoomorfo, è legato a fenomeni di erosione di origine naturale; se ne consigliò pertanto fino da allora un utilizzo che li riportasse ad una dimensione naturalistico-ambientale, per esempio in un parco pubblico, soluzione ritenuta tuttora valida ed opportuna”.
Lo scalpore iniziale andò scemando, l’interesse mediatico si spense, molte pietre andarono perse, gli ipogei dimenticati ed il professore deluso si defilò da Briaglia con il suo sogno che lo accompagnò fino alla morte avvenuta nel 2005. Sono ormai passati quarant’anni dal clamore dei presunti megaliti briagliesi, al momento attuale ancora storicamente poco sostenibili. Quelle antiche pietre, e quei singolari “crotin” (cantine), oltre ad essere caduti nell’oblio, costituiscono anche per i briagliesi, un ricordo oramai lontano, una “vecchia storia” consumata dal tempo e da una non bella diatriba.
In base a questa premessa, e sulla scorta delle passate ricerche, la giunta comunale di Briaglia ha avviato, con una équipe di associazioni di volontariato culturale, un nuova iniziativa dalle caratteristiche storico-turistiche legate ad un vasto progetto di più ampio respiro dal singolare nome “Mondo di Pietra”.
Il comune briagliese, grazie ad un contributo di una fondazione bancaria, in collaborazione con gli speleologi del “Mus Muris” di Torino, l’associazione Nazionale degli Ingegneri Minerari, il Museo Geologico Sperimentale di Giaveno, il Gruppo Culturale “Filosofare” e la supervisione della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Piemonte, ha riaperto ufficialmente il “caso-Briaglia”.
L’equipe, formata da ricercatori di varia formazione facenti riferimento al dott. Fabrizio Milla, attraverso un progetto redatto il 13 dicembre 2011, si è data come obiettivo primario lo studio ed il recupero del crotin della Casnea, la cavità artificiale già censita nel catasto CA nell’ottobre del 2004 con il numero CA7036 Pi/CN, il piccolo ma suggestivo ipogeo a corridoio interamente artificiale con uno sviluppo di 15 metri, con due camere ed un pozzo interno, scavato in arenarie compatte e riccamente concrezionato.
I lavori hanno avuto inizio il 9 giugno del 2012 e dalle ricerche multidisciplinari condotte nel sito della Casnea sono emersi una considerevole mole di dati che sono stati presentati nel mese di maggio 2013 in due conferenze presso i locali della Confraternita di San Giovanni in Briaglia S.Croce, dal titolo: “L’Ipogeo della Casnea” Sulla via del recupero e “Solis Invictvs” Luce e tenebre nell’ipogeo della Casnea.
Prossimamente, al termine dello studio dei ritrovamenti avuti all’interno dell’ipogeo da parte della Soprintendenza, è in programma un terzo incontro dal titolo “L’Ipogeo della Casnea” Un confronto tra Speleologia e Archeologia.
Al momento, oltre all’impegnativo lavoro che ha portato al recupero della grotta, l’aspetto più eclatante deriva da un riscontro archeoastronomico che riguarda un fenomeno luminoso che si verifica al suo interno in concomitanza con il solstizio d’inverno: spettacolare e ancora in fase di studio ma che lascia poco spazio alla casualità del suo verificarsi. Il fenomeno è sovrapponibile a quello ampiamente documentato di Newgrange in Irlanda e di alcuni dolmen in Bretagna, prestandosi a suggestive ipotesi sull’origine e sull’uso dell’ipogeo che attendono di essere avvalorate dall’indagine archeologica e dal completamento del progetto che contempla anche l’individuazione e lo studio di altri ambienti sotterranei.
Di Fabrizio Milla (Associazione Mus Muris Torino)