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Il 26 settembre 2015 a Bologna torna la Notte Blu
L’appuntamento è dalle 18 a mezzanotte, in Piazza 20 Settembre n. 7 (Cassero di Porta Galliera).
Anche quest’anno a Bologna si ripete l’evento che consente di conoscere i tanti aspetti che legano l’acqua e la città, con oltre 30 appuntamenti fra visite guidate, proiezioni, concerti e spettacoli teatrali, distribuiti fra chiuse, sostegni, canali, antichi opifici azionati dall’energia idraulica, edifici storici e moderne minicentrali idroelettriche.
Dopo il successo dello scorso anno, con le visite guidate alle cinquecentesche Conserve di Valverde, il Gruppo Speleologico Bolognese-Unione Speleologica Bolognese propone un nuovo itinerario alla scoperta della Bologna sotterranea.
Saremo infatti ospiti degli amici di Legambiente al Cassero di Porta Galliera, in Piazza 20 Settembre, di fronte alla Stazione centrale FS.
Oggetto delle visite guidate sarà il Canale delle Moline, che oggi scorre per lungo tratto in sotterraneo sotto la città, e che proprio qui mostra uno dei pochi affacci in superficie.
Nei pressi della Porta, fra il 1330 e il 1511, venne costruita dai pontefici per ben cinque volte una forte rocca, come simbolo del loro tentativo di dominio sulla città, ma per altrettante volte questa venne attaccata e demolita dai Bolognesi. Dell’ultima di esse rimane una sdrucita porzione di torrione nei pressi della Montagnola, il vasto rialzo formatosi proprio a partire dall’accumulo dei materiali conseguente allo smantellamento della rocca papale.
Sempre nei pressi della Porta, nel 1493, Giovanni II Bentivoglio, signore di Bologna, fa costruire un porto fluviale, spostando nei pressi della città quello esistente fin dal IX secolo a Corticella. Da qui, tramite una serie di canali navigabili, si poteva giungere a Ferrara e al Po e quindi a Venezia, a Mantova e a Milano: attraverso le acque interne un’unica grande rete commerciale congiungeva tutte le principali città del Nord Italia. I resti del porto sono stati rinvenuti in anni recenti e sono visibili proprio in corrispondenza della Porta.
Lungo il Canale delle Moline, come indica il nome, dal 1516 rimasero attivi per secoli gli stabilimenti per macinare il grano, appartenenti all’Università delle Moline e delle Moliture, ossia alla corporazione cittadina dei mugnai. Poco prima di giungere alla Porta alle acque del canale artificiale si uniscono quelle dell’unico corso d’acqua naturale di Bologna, il torrente Aposa, anch’esso oggi totalmente sotterraneo.
Oltre alle visite guidate al Canale delle Moline si susseguiranno le proiezioni di un video sui percorsi nascosti dei canali di Bologna e non mancherà il punto di ristoro con ottime crescentine.
Le visite ai sotterranei del Canale delle Moline saranno esclusivamente dietro prenotazione da effettuarsi sul sito www.gsb-usb.it (per maggiori informazioni contattare il 331 6457292).
Danilo Demaria
“Lapis specularis, il vetro di pietra”: è ora anche un film.
Il lapis specularis è un gesso secondario, a grandi cristalli trasparenti, facilmente suddivisibile in lastre piane dello spessore desiderato quando viene tagliato lungo il piano di sfaldatura. Deve il suo nome al fatto che, a partire dall’età romana, è stato utilizzato come elemento trasparente per le finestre. Le attività estrattive del gesso speculare in epoca romana, condotte sia all’interno di grotte profondamente modificate dallo scavo sia con la realizzazione di vere e proprie cavità artificiali, sono state analizzate in un recente convegno tenutosi a Faenza (26-27 settembre 2013) e oggetto di una mostra a Zattaglia (Brisighella, 27 settembre 2013 – 15 gennaio 2014).
Abbiamo realizzato il filmato intitolato “Lapis specularis, la luminosa trasparenza del gesso“ con l’intento di documentare tale particolare aspetto dell’utilizzo del gesso, narrando un materiale, un luogo (la Grotta della Lucerna), un ambiente carsico (quello dei Gessi) e le genti che vi hanno vissuto, ponendo come tema centrale del racconto la frequentazione umana delle cavità oggetto di estrazione e giocando sul continuo confronto fra gli antichi cavatori romani e il moderno speleologo.
Il DVD, realizzato dal GSB-USB e dallo Speleo GAM Mezzano col finanziamento della Federazione Speleologica Regionale dell’Emilia Romagna, ha ricevuto una menzione speciale allo Hells Bells Speleo Award 2014 ed è arricchito da ulteriori contenuti: foto panoramiche della Grotta della Lucerna (il principale sito estrattivo), un breve filmato girato nel momento della sua scoperta e una più dettagliata spiegazione delle cavità ad oggi note in cui sono visibili le tracce di estrazione del lapis specularis.
È possibile ricevere il DVD versando un contributo di 6,00 Euro per le spese di confezionamento e spedizione sul c.c. intestato all’Unione Speleologica Bolognese c/o UNICREDIT BANCA S.p.A. Filiale di Bologna Piazza Aldrovandi Cod IBAN: IT02G0200802457000002749208 inviando una mail con le generalità, l’indirizzo del destinatario e l’attestazione del versamento a d.demaria@tin.it.
Gli utilizzi del lapis specularis
Diversi scrittori antichi ci raccontano dei differenti usi a cui poteva essere sottoposto il gesso speculare. Oltre a quello più diffuso per le finestre delle abitazioni, lo stesso materiale era impiegato anche nelle lettighe, nonché per realizzare la copertura di piccoli canestri in cui coltivare ortaggi nel periodo invernale. I cristalli, frantumati e ridotti in scaglie di piccole dimensioni, venivano disseminati sulla superficie del Circo Massimo a Roma per ottenere un particolare effetto ottico durante i giochi. Trattandosi di un gesso assolutamente puro, dalla sua cottura si otteneva infine la scagliola vera e propria, utilizzata per realizzare stucchi, le statue decorative degli edifici e le cornici. La polvere trovava inoltre applicazione in campo medico, bevuta nel vino contro la dissenteria e sparsa sopra le piaghe per facilitare la rigenerazione della carne, nonché nella cosmesi femminile, dove era impiegata come cipria.
I luoghi di estrazione
È Plinio il Vecchio, nella sua Storia Naturale, ad indicarci le principali aree in cui veniva estratta la pietra speculare: “Un tempo la produceva solo la Spagna Citeriore; ora si trova anche a Cipro, in Cappadocia e in Sicilia; poco fa si è scoperta anche in Africa. Comunque a tutte queste è da preferire quella di Spagna; le pietre di Cappadocia sono di dimensioni molto grandi, ma di colore scuro. Anche nella zona di Bologna, in Italia, se ne trovano piccole vene che sono incassate all’interno del gesso”.
Negli ultimi anni, all’interno della Vena del Gesso Romagnola, sono stati individuati diversi punti in cui, a partire dall’età romana, è stato praticato lo scavo del gesso speculare. La prima scoperta, effettuata dallo SpeleoGAM di Mezzano nel 2000, è quella relativa all’importante sito archeologico-estrattivo della Grotta della Lucerna. Ad essa sono seguiti, in rapida successione, i ritrovamenti e la rivisitazione di altre piccole cavità che presentavano analoghi segni di scavo. Tali ricerche stanno delineando un quadro sempre più preciso relativo a questa singolare attività estrattiva.
La Grotta della Lucerna
Questa cavità naturale, situata sulle pendici meridionali di Monte Mauro, è stata oggetto di attività di scavo in età romana, che hanno comportato l’allargamento di diversi rami della grotta e la realizzazione di gallerie artificiali per la ricerca e l’estrazione del gesso speculare, seguendo la rete di fratture contenenti questo particolare minerale trasparente. L’aspetto naturale della grotta è stato pertanto assai modificato dalla attività estrattiva.
Il rinvenimento, all’interno della cavità, dei frammenti di tre lucerne e di una moneta dell’imperatore Antonino Pio consente di datare la frequentazione di questo sito attraverso un arco temporale abbastanza esteso, fra il I-II e il IV-VI secolo d.C. Questo dato cronologico, assieme ad altre considerazioni legate alle caratteristiche della cava, induce a ritenere che l’attività estrattiva del gesso speculare avesse carattere di saltuarietà e fosse praticata da un numero ristretto di persone.
Le operazioni di scavo, avvenute seguendo la giacitura del gesso speculare lungo fratture per lo più verticali, hanno condotto alla realizzazione di gallerie piuttosto strette (50-60 cm) e alte fino a 4-5 metri. Vi si possono rinvenire in più punti le nicchie atte ad ospitare le lucerne (unica fonte di illuminazione sotto terra) e altri incavi destinati a sostenere piccole traverse di legno usate come scala per scendere e risalire lungo i tratti verticali.
Il rilievo di dettaglio delle strutture permette di apprezzare la perizia delle maestranze nella esecuzione dello scavo, praticato tramite diverse tipologie di scalpelli, con particolare attenzione al mantenimento della regolarità della sezione. In diversi punti, partendo dai solchi lasciati nella roccia gessosa, è possibile ricostruire le strutture lignee atte ad ospitare sistemi di carrucole, la cui funzione era quella di agevolare il sollevamento del materiale scavato e il suo trasporto verso l’esterno.
Danilo Demaria